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Alfasud, la prima Alfa Romeo a trazione anteriore dalla gloria alla ruggine

Classic Italian car parked in a Tuscan city centre opposite an historic building. Shot with iPhone 5

Se la 500 ha motorizzato l’Italia, dopo un paio di decenni, quando le automobili erano ormai in quasi tutte le case, tra gli appassionati del nostro Paese uno dei modelli più desiderati era senza dubbio l’Alfasud. La prima compatta di Alfa Romeo cambiò per sempre le sorti del marchio e, con oltre un milione di esemplari prodotti, lo rese davvero popolare.

Basti pensare al film di Carlo Verdone Bianco, Rosso e Verdone in cui la vettura diventa coprotagonista delle disavventure di Pasquale, emigrato in Germania ma rimasto profondamente italiano, che torna al paese per le elezioni a bordo di una Alfasud rossa.

Benvenuti al Sud

Alfa Romeo aveva iniziato a sperimentare la trazione anteriore già nel 1952. Chiamata internamente 13-61, se fosse entrata in produzione per tempo avrebbe preceduto la Mini. La Casa di Arese sviluppò qualche anno dopo altro modello a trazione anteriore, la Tipo 103, ma ancora una volta non venne prodotta a causa delle difficoltà finanziarie. Alla fine degli anni ‘60, la crescente domanda di auto dal prezzo accessibile convinse il Biscione che fosse arrivato il momento per mettere sul mercato un modello a trazione anteriore.

L’amministratore delegato Giuseppe Luraghi bussò le porte al governo italiano per ottenere i finanziamenti necessari. Era un periodo in cui i giovani che cercavano un lavoro meglio retribuito si spostavano dal sud al nord del Paese. Il governo desiderava rallentare questa migrazione interna. Quindi accettò di finanziare la futura Alfasud, ma a una condizione: Alfa Romeo avrebbe dovuto produrre il nuovo veicolo nelle zone depresse del Sud Italia. Così, il costruttore brianzolo accettò di costruire un nuovissimo stabilimento produttivo a Pomigliano d’Arco.

Dream team

Il prestito consisteva in ben 360 miliardi di lire e una parte di quei soldi venne usata per sottrarre Rudolf Hruska alla Fiat. Nato a Vienna, il progettista e ingegnere austriaco aveva già lavorato sul Maggiolino di Volkswagen, sul carro armato Porsche Tiger VK 4501, sull’Alfa Romeo Giulietta e sulla Fiat 128.

Anche per un personaggio così talentuoso, i tempi erano molto ristretti perché la prima pietra a Pomigliano era stata posata nel 1968 e l’auto avrebbe dovuto essere pronta per il 1971. Fortunatamente per lui, Hruska venne affiancato da un team di esperti tra cui l’ingegnere e capo progetto Domenico Chirico, la leggenda del design Giorgetto Giugiaro e il suo braccio desto in Italdesign Aldo Matovani.

Nasce l’Alfasud

Il motore boxer dell’Alfasud venne acceso per la prima volta sul banco nel luglio del 1968. A novembre, il primissimo prototipo venne testato sul circuito di Balocco. L’Alfasud definitiva venne presentata al Salone di Torino a novembre del 1971.

La vettura aveva un handling eccellente per il periodo dovuto a un baricentro basso grazie all’aiuto della trazione anteriore e del motore a cilindri contrapposti accreditato di 63 CV. Per un’auto che pesava 830 kg, era una bella potenza per gli standard degli anni ‘70.

L’Alfasud fu proposta in diversi stili di carrozzeria tra cui tre volumi a 2 e 4 porte, hatchback a 3 e 5 porte, una coupé a 3 porte chiamata Sprint e una wagon a 3 porte denominata Giardinetta. Nel luglio del 1977, l’Alfasud diventò più sportiva con l’introduzione di un motore più grande, il boxer da 1,3 litri da 76 CV. Più tardi, Alfa Romeo aumentò nuovamente la cilindrata del 4 cilindri fino a 1,4 e 1,5 litri.

Successo e problemi

Dalla disposizione innovativa fino alla dinamica di guida frizzante e allo stile piacevole, l’Alfasud aveva molto da offrire. Sui media specializzati dell’epoca si sprecavano le lodi alla vettura, di cui si elogiavano in continuazione le caratteristiche che abbiamo appena nominato. Ma alla fine i nodi vennero al pettine e l’Alfasud evidenziò numerosi problemi.

Alfa Romo aveva usato acciai di bassa qualità e anche il trattamento antiruggine lasciava molto a desiderare. La corrosione attaccava la vettura nel giro di pochi mesi, rovinando per sempre la reputazione dell’Alfasud. Anche la qualità costruttiva non era esattamente eccezionale. Ancora peggio, gli operai di Pomigliano d’Arco avevano la cattiva abitudine di scioperare ogni giovedì, o quasi: si stima che la linea di produzione di sia fermata per 700 volte fino al 1989.

Premiata come “Auto del decennio” dalla rivista Car nel 1980, l’Alfasud non può essere considerata un flop commerciale visto che Alfa Romeo ne ha vendute più di un milione di unità. Rimpiazzata dall’Arna e dalla 33, l’Alfasud è apprezzata oggi perché ha osato rompere la trazione posteriore che si associa ai più grandi successi della Casa di Arese dal 1954 al 1994.

Alfa Romeo Alfasud – Le foto