Cinque auto improbabili per un successo e quattro disastri
Talvolta le Case automobilistiche sperimentano e propongono modelli che esulano dalla loro produzione storica. Per esempio, siamo ormai abituati a vedere anche i costruttori più sportivi proporre SUV nella propria gamma: ha iniziato Porsche con la Cayenne, ha proseguito Lamborghini con la Urus e, solo nell’ultimo anno, hanno ceduto alla moda anche Lotus e Ferrari, rispettivamente con la Eletre e la Purosangue. In altri casi si spingono talmente in là da arrivare a tipologie di vetture mai viste prima. Ecco cinque tra le auto più inaspettate e improbabili diventate invece realtà. Una di queste si è rivelata un successo, le altre altre un fallimento annunciato.
Aston Martin Cygnet (2010)
Forse non tutti ricordano che Aston Martin ha prodotto anche una citycar. E un motivo ci sarà! All’inizio degli anni 2010 la Casa inglese decise di prendere una Toyota iQ e renderla un oggetto di lusso. La Cygnet poteva costare anche 50.000 euro, contro i circa 12.000 della iQ, un prezzo giustificato (secondo Aston Martin) dalla maggiore qualità degli interni e dei materiali. Come si poteva immaginare, la Cygnet ha fatto molta fatica a trovare acquirenti. Nonostante ciò, al termine della produzione, è diventata quasi un oggetto di culto e gli esemplari venduti mantengono molto bene il loro valore.
Fiat Multipla (1998)
Strana, con quella specie di salsicciotto alla base del parabrezza, eppure assolutamente geniale. Benché derisa da molti per il suo aspetto goffo, la prima Fiat Multipla fu un vero successo sia tra gli addetti ai lavori che tra i clienti, che apprezzavano l’incredibile praticità di un’auto che in 4 metri di lunghezza poteva trasportare 6 persone, 3 davanti e 3 dietro, lasciando anche parecchio spazio per i bagagli. La seconda serie rese lo stile più usuale (qualcuno direbbe banale) mantenendo la configurazione interna. Ma se si pensa alla Multipla si pensa all’originalità della prima generazione.
Peugeot 1007 (2005)
La Peugeot 1007 era una piccola monovolume lunga 3,7 metri in grado di trasportare in modo confortevole 4 persone. Era corta e alta per essere parcheggiata senza difficoltà ed era disponibile con colori allegri. La sua peculiarità erano le portiere scorrevoli ad azionamento elettrico da cui si accedeva all’abitacolo, che permettevano di entrare e uscire anche in spazi molto angusti. Sebbene fosse più razionale di altre citycar dell’epoca, l’aura di auto per anziani non aiutò il suo successo.
Renault Avantime (2001)
Chi ha bisogno di una monovolume coupé? Probabilmente nessuno. Eppure lo stabilimento Matra di Romorantin, rimasto orfano della produzione della Espace, venne impiegato proprio per costurire questa MPV a 3 porte, la Renault Avantime. Gli interni lussuosi e l’accattivante carrozzeria bicolore non servirono a nascondere i difetti: una monovolume che non fosse pratica non aveva motivo di esistere e Renault interruppe prematuramente la produzione e la vendita dopo soli due anni dal lancio.
Volkswagen Phaeton (2003)
Il nome Volkswagen signifia, in tedesco, “auto del popolo”. Allora perché un marchio generalista come Volkswagen decise di lanciarsi con la Phaeton in un mercato elitario, puntando a competere con vetture come la Mercedes Classe S, resta tuttora un mistero. La Paheton aveva senso solo per l’allora capo di VW, Ferdinand Piech, e per il mercato cinese, la cui simpatia per le berline imponenti allungò la vita di questa ammiraglia del popolo più di quanto effettivamente meritasse.