Cinque auto sottovalutate (all’inizio) che hanno fatto la storia
Alcune auto entrano nella storia dell’automobile ancor prima di nascere. Pensiamo a ogni veicolo con uno stemma Ferrari: prima o poi diventerà un classico. O Bugatti, che può far pagare milioni qualunque modello decida di realizzare. Ci sono però auto sottovalutate all’inizio che col tempo hanno saputo far la voce grossa e diventare di grande successo.
La credibilità hanno dovuto guadagnarsela, mostrando sul campo (di solito sul mercato) le proprie qualità a un pubblico che inizialmente le guardava con sufficienza, se non proprio con diffidenza. Ecco cinque esempi di auto sottovalutate dai più, che invece hanno saputo ritagliarsi uno spazio notevole nel cuore degli appassionati.
Volkswagen Maggiolino (1938)
Il Maggiolino di Volkswagen originale, con il motore posteriore, è diventato un’istituzione automobilistica. Ha lasciato un marchio indelebile sulla cultura degli anni ‘60 ed è ampiamente considerato un capolavoro di design. Eppure alcune grandi menti dell’industria automobilistica l’hanno liquidato come una pessima auto.
Gli stabilimenti di Wolfsburg finirono nella zona di occupazione americana alla fine della Seconda Guerra mondiale. Nel 1945, una commissione guidata dal magante dei motori britannico William Rootes visitò la fabbrica che produceva il Maggiolino e consigliò di demolirla. Anche i membri della commissione non erano interessati al design della vettura. “Il veicolo non rispetta i requisiti tecnici fondamentali per un’autovettura”, affermò Rootes riguardo al modello che era stato progettato inizialmente per motorizzare la Germania nazista, prima che la guerra annullasse il progetto.
Gli inglesi erano pronti a cedere la fabbrica a Ford nel 1948, sbarazzandosene una volta per tutte. Henry Ford II prese in considerazione la cosa, ma il direttore Ernest Breech gli consigliò di passare oltre. Gli disse: “Signor Ford, non credo che quello che ci viene offerto valga un centesimo!”. Oggi Volkswagen è uno dei più grandi costruttori mondiali: nel 2021 ha prodotto 8,88 milioni di veicoli.
Citroen 2CV (1948)
Oggi, la Citroen 2CV è entrata nell’olimpo delle automobili per il suo approccio unicamente anacronistico all’automobilismo. Ma quando debuttò al Salone di Parigi del 1948, pochi prevedevano che sarebbe diventata un’auto classica così ricercata. Alla maggior parte dei visitatori non piaceva l’aspetto della 2CV e il pubblico e la stampa la trovarono troppo semplice.
“Piuttosto comprerei una moto”, diceva un visitatore. “La vernice grigia mi ricorda la stanza di un ospedale”, gli faceva eco il secondo. La 2CV riuscì a superare le diffidenze e venne prodotta per ben 42 anni, in quasi 9 milioni di esemplari tra tutte le diverse varianti.
Mercedes-Benz Classe G (1979)
Oggi la Classe G di Mercedes è un mezzo potente super-lussuoso destinato a gente piuttosto ricca. Non l’aveva però intesa in questo modo il marchio tedesco quando, nel 1972, iniziò a collaborare con l’austriaca Steyr-Daimler-Puch per sviluppare un veicolo dalle grandi capacità in fuoristrada.
Il progetto si delineava come un 4×4 duro e puro, facile da riparare con strumenti basilari e che potesse essere attuale per almeno un decennio, in modo che Mercedes non avrebbe dovuto preoccuparsi di aggiornarlo. La Gelandewagen originale debuttò nel 1979 con un quattro cilindri da 72 CV nel cofano. Oggi, la Classe G meno potente venduta in Italia dispone di 330 CV.
Peugeot 205 (1983)
Gli appassionati considerano la Peugeot 205 GTi una delle auto più divertenti da guidare mai costruite da Peugeot. Nel 1983, quando la Casa francese lanciò la 205 standard, non sembrava un modello su cui basare una hot hatch, ma nemmeno uno che avrebbe avuto un’ottima reputazione per il suo dinamismo.
La 205 fece il suo debutto come un’umile hatchback concepita come un’utilitaria degli anni ‘80. Doveva soddisfare le esigenze del maggior numero possibile di persone per salvare Peugeot dal collasso. E lo fece. Oggi il modello è ben ricordato in Europa e in molti altri mercati. La GTi ha dato notorietà all’intera gamma, che sarebbe stata prodotta in alcuni luoghi fino al 1998, quando la produzione di interruppe dopo 5,3 milioni di esemplari.
DeLorean DMC-12 (1981)
La DMC-12, meglio conosciuta semplicemente come DeLorean, entra in questa lista di auto sottovalutate diventate poi grandi successi, non per un effettivo boom di vendite, quanto per il suo grande impatto nell’immaginario collettivo. In effetti, in termini di numeri dovrebbe essere considerata come uno dei fallimenti più grandi della storia dell’automobile.
La cosiddetta auto sportiva etica cambiò più volte durante il suo processo di sviluppo. John DeLorean, fondatore dell’azienda, intendeva usare un motore Wankel ma si accontentò di un V6 di origine Peugeot-Renault-Volvo dopo aver avuto problemi con il propulsore rotativo. I paletti imposti sulle emissioni limitarono la potenza del motore a circa 130 CV, un potenza che non impressionava per una vettura sportiva.
Anche i costi salirono alle stelle. Inizialmente la DMC-12 doveva costare circa 12.000 dollari ma venne lanciata negli Stati Uniti con un prezzo base di 26.175 dollari (per il valore attuale sarebbero circa 63.000 euro). Quella cifra la posizionava ben al di sopra di una Chevrolet Corvette e proprio dietro ai modelli 924 Turbo e 911 SC di Porsche.
La produzione si interruppe nel 1983 dopo che DeLorean, inteso sia come uomo che come azienda, finì completamente i soldi. Ma la DMC-12, nonostante i pessimi risultati di vendite, era comunque destinata a entrare nella storia grazie alla fortunata partecipazione come macchina del tempo nel film del 1985 Ritorno al Futuro. Senza quel ruolo da protagonista, oggi sarebbe senza dubbio finita nel dimenticatoio.