Cinque V8 degli anni d’oro dimenticati o sottovalutati
Gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso resteranno nella storia dell’automobilismo a stelle e strisce come l’epoca d’oro dei motori V8. Il 426 HEMI di Chrysler, il 427 di Ford o l’LS6 454 di Chevrolet sono noti a chiunque sia anche solo un po’ appassionato delle muscle car dell’epoca. L’8 cilindri a V è stato al centro di una battaglia che ha regalato molte auto leggendarie. Ne sono uscire un’infinita quantità di tipologie, alcune delle quali ingiustamente dimenticate. Ecco cinque dei V8 dell’epoca che purtroppo molti non ricordano.
Pontiac 350 HO
Prima che concludesse la sua storia nel 2010, Pontiac ha rappresentato il marchio più orientato alle prestazioni del gruppo GM. Molti attribuiscono proprio a Pontiac il merito di aver dato il via alle muscle car quando, nel 1963, ha trasformato la Series 22 Tempest nella GTO. Grazie ai suoi modelli entusiasmanti, Pontiac è rimasta tra le più apprezzate produttrici di muscle car per il decennio successivo. Oggi è ricordata per i fantastici V8 come il 455 HO o il Tri-Power 389, ma c’èera anche un fratello minore che merita di essere ricordato.
Introdotto per la prima volta per il MY 1968, il 350 sostituì il vecchio 326. Con una cilindrata di 5,7 litri, sebbene fosse un motore affidabile non era davvero speciale nella sua versione standard, ma la musica cambiava con le varianti HO (High Output). Il 350 HO poteva produrre 329 CV nei modelli del 1969 come Tempest, Firebird o Le Mans. In realtà su un banco prova la potenza saliva fino a 355 CV, rendendolo uno dei motori più potenti per la sua cilindrata alla fine degli anni ‘60.
Chrysler 340
Quando si parla di V8 Mopar dell’epoca d’oro delle muscle car, il 426 HEMI è il re indiscusso. Era il motore preso come riferimento in quel periodo, ma si tende a dimenticare che Chrysler ha prodotto altri 8 cilindri di razza in quel periodo. Probabilmente il più sottovalutato è il 340, introdotto nel 1968.
Inizialmente accreditato di 279 CV e portato a 294 CV nella versione Six-Pack a triplo carburatore che debuttò sulla Challenger T/A, il punto di forza del 340 era la sua costruzione leggera. Inoltre era estremamente affidabile e molto più economico dei suoi famosi fratelli maggiori. Il peso inferiore si traduceva in una migliore maneggevolezza e, talvolta, in tempi sul quarto di miglio sorprendentemente bassi, che facevano impallidire muscle car più grandi e potenti.
Oldsmobile Ram Rod 350
Anche Oldsmobile, altro marchio di GM che non esiste più, voleva partecipare alla festa delle muscle car nella seconda metà degli anni ‘60, sviluppando una propria gamma di V8 che includeva i big block ad alte prestazioni cime il 400 e il 445. Gli small block di Oldsmobile erano utilizzati nei modelli più popolari della casa: tra i molti dimenticabili in questa categoria, c’è stata un’eccezione degna di nota.
Il Ram Rod 350 è stato introdotto nel 1968 ed era disponibile solo sui modelli F-35/Cutlass equipaggiati con l’opzione W-31. A differenza del 350 standard, il Ram Rod era dotato di una camma ad alte prestazioni, induzione dell’aria nel pistone e un carburatore Rochester Quadrajet, che gli permettevano di sviluppare 330 CV. Come la maggior parte dei motori ad alte prestazioni dell’epoca, anche in questo caso la potenza dichiarata era inferiore a quella effettiva per tenere sotto controllo i costi assicurativi. La reale potenza di questo V8 era infatti intoro ai 355 CV.
Ford K-code 289 (HiPo)
Malgrado questo motore non sia né sottovalutato né dimenticato come gli altri, è stato decisamente eclissato dai fratelli più grandi come il 429, 428, 427, 390 e anche il Boss 302. Conosciuto anche come HiPo, il K-code 289 debuttò alla fine del 1963 sulla Fairline come versione ad alte prestazioni del motore 289 standard. L’anno successivo venne messo nella lista degli optional della Mustang, diventandone il suo motore più potente fino al 1967, quando fu introdotto il 428 Cobra Jet.
Rispetto al 289 standard aveva diversi miglioramenti che gli permettevano di raggiungere i 275 CV di potenza. Dal 1965 al 1967, l’HiPo è stato utilizzato dal leggendario Carroll Shelby per la GT350 e nella Cobra 289. Con i collettori di scarico ridisegnati, una presa d’aria in alluminio e un carburatore Holley da 715 CFM, il K-code messo a punto da Shelby riuscì a erogare senza problemi 310 CV.
Studebaker 289
Fondata nell’Indiana nel lontano 1852, la Studebaker è stata per molti decenni un’importante rivale dei costruttori di Detroit. La sua di produzione di automobili si concluse alla fine degli anni ‘60, ma pochi anni prima della sua chiusura produceva uno dei migliori V8 di tutti i tempi. Svelato nel 1951, il suo V8 da 4,7 litri era piuttosto simile all’8 cilindri a valvole in testa introdotto un paio d’anni prima da Cadillac, ma le differenze che avrebbero dovuto renderlo meno avanzato lo fecero diventare leggendario.
Era noto per sua architettura robustissima che aveva interni forgiati, un albero a camme azionato da ingranaggi, solidi sollevatori e non meno di 18 bulloni della testata, che permettevano di gestire praticamente ogni compressore su cui si potesse montare. Aveva 243 CV in versione standard e 294 CV in versione R2 con compressore Paxton. L’unico modello Studebaker definibile come muscle car fu la Super Lark con il motore R2: sebbene l’azienda non la considerò mai una muscle car, i test effettuati sulla Super Lark nella prima parte degli anni ‘60 dimostrarono che era più veloce di qualsiasi rivale dell’epoca.