Come la Tesla Roadster ha salvato la Tesla senza essere ancora prodotta
Nel novembre del 2017, esattamente 6 anni fa, in occasione dell’evento di lancio del Tesla Semi, Elon Musk annunciò l’arrivo della seconda generazione della Tesla Roadster. La vettura, secondo le previsioni iniziali, doveva essere consegnata nel 2020, ma come l’odissea del Cybertruck ci ha insegnato le promesse di Tesla sono da prendere con le pinze.
Se quindi la produzione della Roadster è slittata a tempo indeterminato, la casa americana ha comunque iniziato da subito a raccogliere gli ordini e alle persone è stato chiesto di effettuare un bonifico bancario di 50.000 dollari per prenotare la propria vettura. Chi invece voleva uno dei mille modelli “Founders Edition” doveva pagare 250.000 dollari.
Le premesse erano strabilianti per il 2017. La Tesla Roadster prometteva infatti di essere l’auto di serie più veloce di sempre con oltre 400 km/h, in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in 2,1 secondi e di coprire 400 metri in 8,8 secondi. Il tutto con un’autonomia di circa 1.000 km a velocità autostradali. Chi aveva i soldi ed era interessato a un’auto di questo tipo era anche disposto ad aspettare un paio di anni per avere la sua vettura? Certo, ed era proprio su questo che puntava Musk.
Dal primo trimestre del 2017 al primo del 218, Tesla perdeva 7.430 dollari al minuto. L’azienda americana stava cercando di trovare i fondi per avviare la produzione della Model 3, che aveva bisogno di un sacco di soldi. Lo stesso Musk ammise in seguito che all’epoca Tesla era “a meno di un mese dal fallimento”.
Ecco quindi il colpo di teatro della Roadster: descrivere un’auto eccezionale facendo promesse al costo di 250.000 dollari l’una invece che vendere parte delle proprietà dell’azienda per raccogliere i fondi. In pratica un prestito senza interessi che ha fruttato a Tesla 250 milioni di dollari solo per le auto della Founder Edition, oltre a non si sa quanti ulteriori depositi da 50.000 dollari per le Tesla Roadster seguenti che devono ancora arrivare.