Come sarà “sostituito” il petrolio russo in seguito alla guerra in Ucraina
La guerra in Ucraina trasformerà la geopolitica energetica globale, con il petrolio russo che dovrà essere sostituito in maniera adeguata.
La Russia ha relazioni energetiche con oltre 25 Stati europei e tanti altri mondiali, tra i quali Giappone, Cina e Corea del Sud. Con l’addio alle sue importanti esportazioni, il mondo deve necessariamente correre ai ripari e trovare alternative valide alle fonti locali.
Petrolio russo, cosa cambierà a causa della guerra
A partire dal 2016, Mosca fa parte dell’OPEC, l’Organizzazione riservata ai paesi produttori di petrolio, con l’obiettivo di tenerne sotto controllo l’offerta mondiale. La collaborazione ha avuto un notevole successo, ma le sanzioni inflitte a Putin lo costringono a un totale isolamento finanziario. Di conseguenza, il petrolio russo non è più una forma d’energia affidabile.
Fin dallo scoppio del conflitto, gli investitori hanno ritirato il loro sostegno alle compagnie energetiche russe. Vladimir Putin è convinto che le esportazioni del suo Paese siano troppo preziose e lo rendano inattaccabile. Ad ogni modo, la sua strategia è messa a serio rischio a causa di una carenza di competenze e capitale economico. Non a caso, l’Italia ha congelato un prestito importante nei confronti di un nuovo terminal per esportare gas dall’Artico russo.
Sono tre le ipotesi tenute d’occhio dall’Europa per “sostituire” il petrolio russo. La prima riguarda il ripristino di un accordo con l’Iran, con il presidente degli USA Joe Biden che ha intenzione di sollevare il paese del Medio Oriente dalle sanzioni economiche in cambio di una limitazione delle sue attività di armi nucleari. Di conseguenza, l’Iran potrebbe inserire nel mercato globale fino a 1,5 milioni di barili al giorno, con la metà che potrebbe sostituire fino al 30% delle importazioni russe in Europa.
La seconda soluzione prevede un incremento di produzione ed esportazioni del petrolio dagli Stati Uniti. Il trasferimento potrebbe essere accelerato in cambio di sgravi fiscali sui pozzi, passando da 1 a 1,2 milioni di barili di petrolio al giorno per i prossimi sei mesi.
La terza idea riguarda l’intervento dell’Arabia Saudita, con capacità di produzione dell’OPEC stimata in circa 4-5 milioni di barili al giorno. Il Paese arabo potrebbe incrementare la produzione di 1,5 milioni di barili al giorno. Il calcolo dell’OPEC prevedrebbe una ricalibrazione delle scorte, dovuta proprio alla situazione russa e alle domande alternative scaturite da prezzi elevati.