Compressore: come funziona e quali sono i tipi più diffusi
Se il motore a combustione sembra destinato pian piano a scomparire dalle future auto in commercio, è sempre vero che tutt’ora è in corso una sorta di guerra silenziosa tra due modi simili ma diversi per spremere quanta più potenza possibile da un motore: il compressore e il turbocompressore.
Tecnicamente le due tecnologie fanno la stessa cosa, aumentando il rendimento volumetrico di un motore forzando l’aria nella camera di combustione. A differenziarli c’è la loro fonte energetica: il compressore è infatti azionato meccanicamente dall’albero a gomiti del motore, mentre il turbocompressore viene alimentato dal flusso dei gas di scarico. Vogliamo oggi concentrarci sul primo, il compressore, perché sul turbocompressore abbiamo già dedicato una guida qualche mese fa.
Il compressore è fondamentalmente un compressore d’aria alimentato meccanicamente dal motore stesso tramite una cinghia, una catena o un ingranaggio collegato all’albero motore. È stato inventato solo pochi anni dopo il motore a combustione interna, nato grazie a Gottlieb Daimler nel 1885, e funziona come una pompa aggiuntiva, fornendo quindi al motore un aumento forzato dell’aria che entra nella camera di combustione.
La teoria è questa: l’aria pressurizzata che entra attraverso il compressore permette di bruciare più carburante che, a sua volta, implica una esplosione maggiore nei cilindri. Quindi si ha più potenza. In quasi 140 anni di storia il compressore si è evoluto in diverse tipologie ma solo tre di esse hanno superato la prova del tempo.
Compressore Roots
Il Roots è il tipo di compressore più antico, con un progetto brevettato per la prima volta nel 1860 dai fratelli Philander e Francis Roots che serviva a ventilare le miniere. Utilizzando due lobi a maglie all’interno di una camera che ruota in direzioni diverse, i compressori Roots permettono di comprimere grandi quantità di aria per creare una pressione positiva.
A causa delle loro dimensioni maggiori, si trovano di solito sopra il motore. Per questo motivo sono molto apprezzati dagli appasionati di hot rod, che continuano a scegliere i compressori Roots principalmente per il loro “look potente”. Oltre a essere la tipologia più antica è anche la meno efficiente a causa del loro peso maggiore e del fatto che l’aria pressurizzata non viene erogata in un flusso continuo ma in brevi raffiche.
Compressore a doppia vite
Chiamato anche compressore Lysholm, come riconoscimento al suo inventore Alf Lysholm, il compressore a doppia vite funziona in modo molto simile al quello di tipo Roots. La differenza principale risiede nella coppia di lobi a maglie del rotore che in questo caso assomigliano più a una coppia di ingranaggi a vite senza fine.
Questo si traduce in un’erogazione di aria compressa molto più efficiente rispetto al compressore Roots perché i lobi hanno una conicità, diminuendo così le dimensioni delle sacche d’aria che viaggiano dal lato di riempimento al lato di scarico. Sono però anche più complicati da realizzare e quindi costano generalmente di più delle loro controparti. Un altro aspetto negativo è l’aumento del rumore prodotto, con il suo caratteristico fischio ad alti regimi.
Compressore centrifugo
Utilizzando un solo rotore invece di due, il compressore centrifugo è forse la tipologia più diffusa. Sembra molto simile a un turbocompressore, in quanto alimenta un rotore interno per aspirare rapidamente l’aria in un piccolo alloggiamento, dove viene compressa e poi forzata nel motore.
Di tutti e tre i tipi di compressori sopravvissuti, quello centrifugo è il più efficiente. Essendo anche il più leggero e compatto, può inoltre essere montato su quasi ogni tipo di motore con piccole modifiche.