Tempo di ricarica. Ecco la formula che vi dice quanto vi serve
Sono molte le questioni irrisolte che spesso si affrontano quando ci si approccia ad una vettura elettrica. Non ultima riguarda i tempi di ricarica. Dopo anni al distributore, pensare di dover trascorrere più di 5 minuti di attesa appare quasi una tortura. Certamente la tecnologia sta facendo passi da gigante nel settore delle infrastrutture di ricarica, ma l’organizzazione quotidiana è ancora alla base del perfetto automobilista di vetture elettriche. Che sicuramente si è domandato e si domanda ancora, quanto tempo sia necessario per ricaricare la propria auto.
Quindi se vi state chiedendo “quanto tempo ci vuole per fare il pieno di energia”, sappiate sin d’ora che siete nel giusto. Soprattutto perché i fattori coinvolti sono molteplici. E non riguardano solo l’auto, ma pure l’infrastruttura a cui avete deciso di connettervi.
La formula (quasi) magica
Prima di entrare nel dettaglio, possiamo però mostrarvi una formula che in modo empirico potrebbe fornirvi un’idea di massima – più tardi analizzeremo il perché – del tempo necessario a ricaricare la vostra auto elettrica. Oppure semplicemente a valutare se quella tempistica, in funzione della vettura che siete prossimi a scegliere e della infastruttura di ricarica di cui potreste disporre, è in linea con le vostre esigenze.
La formula di cui sopra, necessaria per calcolare il tempo di ricarica (in ore), è uguale al rapporto tra la capacità della batteria in kWh, e la potenza in kW dell’infrastruttura di ricarica moltiplicata per 0,9. Quest’ultimo fattore altro non è che l’efficienza energetica media. È importante ribadire che il risultato finale non può e non deve essere preso come riferimento assoluto. Ma serve a darvi un’idea di quale possa essere il tempo di ricarica nelle condizioni ideali.
Capacità Batteria (kWh) |
Potenza caricatore (kW) x 0.9 |
Il risultato finale è un valore decimale, che andrà poi convertito in base sessagesimale. Pertanto, per non cadere in una rete infinita di calcoli, sappiate che il dato prima della virgola rappresenta le ore. E poi è sufficiente prendere le prime due cifre successive per procedere alla conversione e ottenere il valore esatto di minuti e secondi.
Per la trasformazione in base 60, visto che ci interessano solo i secondi, la cosa migliore da fare è moltiplicare la parte decimale per 3600 (numero di secondi in un’ora). Dopodiché si esegue la divisione per 60 e si prendono i
resti successivi. Il primo valore saranno i secondi, il secondo i minuti. La parte più complessa è forse tornare a fare le divisioni come a scuola, perché servono numeri interi. Certamente è più facile a farsi che a dirsi.
Altra cosa da sottolineare, è che la formula si riferisce al tempo necessario per passare dallo 0% di carica sino al 100%. Situazione molto improbabile, per non dire impossibile. Può essere usata per calcolare anche il tempo di una ricarica parziale. In questo caso bisognerebbe calcolare i valori percentuale dell’intervallo che ci interessa (magari dal 35% all’85%, e quindi valore percentuale di 35% e 85%) fare la differenza e inserire il dato finale nella nostra formula.
Forse in questo caso un esempio potrebbe essere più calzante. Pensiamo di avere un pacco batterie da 35 kWh. Vogliamo conoscere il tempo di ricarica (approssimativo) per passare dal 30 al 70%. La “quantità” ch queste percentuali rappresentano in riferimento al pacco da 35 kWh, sono rispettivamente 10,5 e 24,5. La differenza è 14. Tale valore, espresso in kWh, rientra nella formula e ci consente di sapere quanto tempo (approssimativo) sia necessario per un pacco batteria da 35 kWh per passare dal 30 al 70% di carica
Potenza dichiarata non effettiva
Soprattutto quando ci si riferisce alla sola reste domestica, è difficile che si possa disporre della massima potenza, comunque molto bassa rispetto ad altri modelli di infrastruttura. Nella migliore delle ipotesi la potenza massima disponibile potrebbe essere intorno ai 2,3 kW, ma impiegando una semplice presa Shuco, si scenderebbe anche a due, per via dei limiti del cavo.
Adottare una wallbox non muta di molto le dinamiche in campo, a meno di non adeguare la propria rete domestica ad un’infrastruttura che in alcuni casi può arrivare sino a 22 kW di potenza. Ma tanto a casa vostra non sarebbe possibile comunque. E poi ci sono i limiti del pacco batteria di cui tenere conto. Innanzitutto non è detto che assorbano il massimo della potenza di ricarica disponibile.
Se sono connesso ad un caricatore da 150 kW di potenza, ma il limite dell’accumulatore è 100 kW, la potenza assorbita sarà al massimo quest’ultima. Ma per far sì che la batteria possa disporre di tale potenza, deve essere nelle condizioni ottimali, altrimenti il valore sarà sempre più basso. Ecco perché potrebbe essere che in inverno, quando le temperature sono più rigide, i tempi di ricarica siano inevitabilmente più lunghi. La formula precedente indica il tempo necessario per passare dallo 0 al 100% di ricarica, condizione poco probabile nel quotidiano.
Perché non solo reali?
Perché l’efficienza di caricamento dipende da molti fattori. In modo particolare dalla temperatura del pacco batteria. Per una ricarica massima del 100% di un veicolo elettrico, ci vorrà più tempo rispetto a una sessione di ricarica fino all’80% della capacità della batteria: quando si carica un veicolo elettrico oltre l’80%, le singole celle della batteria devono essere bilanciate separatamente, il che aumenta il periodo di ricarica di un veicolo elettrico al 100%.
La velocità di ricarica e quindi il tempo di ricarica, è influenzato anche da parametri come l’età dell’accumulatore e ovviamente dal tipo di ricarica. Abbiamo parlato sino a questo momento di una ricarica “generica”, senza distinguere tra caricatori in corrente alternata (quella disponibile a casa) e continua.