F1, GP Miami. Verstappen contro il team: “Non sono Gesù”
In questi casi, in gergo, si dice: toccarla piano. Non l’ha mandata a dire Max Verstappen alla sua squadra, la Red Bull, dopo le qualifiche del GP di Miami, chiuse al terzo posto. Non possono passare inosservate perché sono le parole di fresco un campione del mondo al suo team. Parole che scaldano la vigilia attorno al circuito costruito nei pressi dell’Hard Rock Stadium a Miami.
Problemi vecchi, pista nuova
L’olandese ha cominciato l’anno con due ritiri, due 0 in classifica, nelle prime quattro gare. E qui sta gran parte del nervosismo. E sono due 0 che non sono dipesi da errori di Verstappen. Che ora non ci sta ed è apparso abbastanza seccato ai microfoni di Sky Sports. L’orange mette l’accento sul lavoro supplementare da fare quando si approccia ad una pista sulla quale non s’è mai girato prima: “In una pista come questa, così nuova, hai bisogno di ritmo, di giri, di capire la macchina e noi abbiamo completamente perso la giornata di venerdì”, ha detto Verstappen.
Accostamenti sacri
Quando la macchina non è completamente a posto, è il pilota a doverci mettere una pezza. La vede così Verstappen, il problema semmai è legato alla dimensione della pezza che bisogna mettere. “Tutti lo sanno, ma noi non avremmo dovuto sottostimare, specialmente con queste nuove macchine, quanto questo possa creare problemi”, ha precisato Verstappen. “Voglio dire, io posso compensare una parte, ma non sono Gesù.”
… e miracoli
Il weekend Red Bull non sembrava, a vederlo da fuori, così tormentato, fino all’errore nel secondo giro lanciato del Q3 di Verstappen. L’errore decisivo che ha impedito al campione del mondo di lottare con le Ferrari per la pole di Miami. “Non possiamo permetterci dei weekend come quello che abbiamo avuto – ha tuonato Verstappen – nei quali siamo molto limitati nella possibilità di girare al venerdì e poi aspettarci miracoli, perché non accadono.