Il pagellone del GP del Canada
Perez: 4.5
Resta l’istantanea della camminata nel verde dopo aver dato un bacino con la sua Red Bull alle protezioni durante le Qualifiche. Un manifesto bucolico. Un’idea alternativa che non avevamo capito. Montreal non come velocità e alta tecnologia. Montreal come ritorno alle origini, lunghe passeggiate tra castori, marmotte e laghi. Voto quattro e mezzo se si pensa alla pista. E se lui, invece, per una volta avesse voluto far altro? Presto nelle librerie le Bucoliche. Non virgiliane, messicane.
Haas: 4
Per una volta, il voto non è per Schumacherino, ancora a caccia del primo punto mondiale dopo un trentello di gare. E per venerazione famigliare, qua mi fermo. Ma, come detto, non c’entra lui. Quei primi punti non erano così lontani e che fa la sua Haas? S’ammutolisce. Non si fa. Quel voto 4 è per il risultato finale di un weekend ancora nero e per un momento non brutto, bruttobruttobrutto. E dire che le qualifiche avevano regalato una completa terza fila clamorosa. A quel punto, il misfatto. Nella tranquillità della sua camera, siamo nella serata di sabato, Kevin Magnussen si guarda un film. Ma non sceglie di rilassarsi. Si spara “300” un paio di volte. Così boom, boom tra spartani, monologhi di guerra e coraggio, si galvanizza. E fa a sportellate con Hamilton. E così, ciao gara.
Hamilton: 7
Noi pensavamo di trovarci in Canada per assistere ad un Gran Premio… e invece no. Saranno i suoi impegni presenti e futuri nel cinema, ma Lewis ci ha fatto piombare a Hollywood. Vi ricordate quel film anni ottanta – Cocoon, si chiamava – in cui alcuni simpatici vecchini trovano dei bozzoli giganti in una piscina e facendo il bagno ridiventano giovani? Ecco, Lewis ha trovato la piscina. La schiena non fa più male, in macchina è ritornato un animale e va anche a podio. A sto punto: Lewis, dicci dove si trova.
Verstappen: 8.5
Da ieri abbiamo la conferma che nessuno aveva richiesto. Non perché non servisse, ma ne eravamo tutti certi. Studia alla scuola di Hannibal Lcter. Cannibalizza tutto. Non molla una virgola. I suoi rivali per una volta non ci sono, con Perez fuori e Leclerc disperso nelle pieghe di una rimonta impossibile. Lui vince, poi entra la Safety Car e rivince. Tenendo quel successo con una resistenza ad oltranza ai tentativi di Sainz, che gli è stato incollato come la mosca alla carta moschicida per quindici giri. Ha la dote dei campioni: è un assatanato. E quando può vincere e se arrivasse secondo non sarebbe come un dramma, lui guarda la vittoria come Roger Rabbit guarda Jessica Rabbit.
Sainz e Leclerc: 7+
Sette più che non è otto. Come se fosse andata benissimo, ed è accaduto questo in effetti, tutto sommato. Ma mancasse qualcosa, in fondo. Nel sorriso di Carlos Sainz, a venti denti ma non trentadue. Nelle sue qualifiche con quella sbavatura sull’ultimo tentativo che gli costa la prima fila. Nella sua posizione, secondo a meno di un secondino di distacco, ma non primo. O nei quattordici sorpassi di Charles Leclerc che ieri avrebbe sorpassato anche Wile Coyote, Beep Beep, lo Space Shuttle e anche la De Lorean di “Ritorno al Futuro”. Ma alla fine il piccolo pasticcio ai box che lo ributta nel traffico, quinto posto che vuol dire meno quarantanove in classifica (da più quarantasei…). Bene, eh. Ma non c’immaginiamo i caroselli al rientro a Maranello.