Il pagellone del GP di Francia
Leclerc: 4
Il voto è per l’errore che, novantanove su cento, ha fatto volare via ogni possibilità di mondiale come un airone cinerino. Sbaglia anche lui, ogni tanto. E ora abbiamo capito che quando sbaglia, s’inferocisce come una pantera. Dopo aver urlato contro di sé come una belva nel team radio, tentato di sbollire qualcosa nel motorhome, tu pensi si presenti moderato nelle interviste di rito? Non sarebbe Leclerc. E infatti arriva ai microfoni di Sky auto-accusandosi di aver propagato la peste nera nel 1348, della caduta degli zar in Unione Sovietica nel 1917, dell’attacco giapponese a Pearl Harbor e anche di altra roba. Se è colpa sua, se combina qualcosa, ora sappiamo che non ci gira granché attorno.
Verstappen: 7.5
Potrebbe diventare oggetto dell’ennesima teoria del complotto. Una roba, comunque, più probabile e meno stramba delle varie terre piatte, dominazioni del pianeta terra, de-popolamenti et similia. Max l’alieno con un chip impiantato nella testa che gli impedisce di sbagliare. Perché se lui è umano, allora noi non abbiamo capito granché. Gli umani oscillano su una scala di valori: sono scarsi mediocri, normali, bravi, financo talentuosissimi. Ma, ogni tanto, sbagliano. Gli alieni o le macchine programmate alla perfezione, no. E contando che l’ultimo errore dell’olandese risale ai tempi di Tutankhamon, propenderemmo per la seconda. Non è umano, e infatti non vince… domina.
Mercedes: 7
I maligni dicono che tutti i miglioramenti della situazione del porpoising passano dal fatto che non vengono fatti i controlli. E loro stessi lo hanno ammesso candidamente: se si applicasse l’ormai celebre Direttiva Tecnica, non potremmo correre. E quindi, la sequenza di podi passa sì da quei due rapaci di Hamilton e Russell, che non sbagliano mai e frugano nella spazzatura degli errori e delle magagne di Ferrari e Red Bull. Che arrivano puntuali ogni Gran Premio. Ma passa anche dal trionfo politico di Toto Wolff che ha permesso di limitare i casini del saltellamento senza finire fuori dalle regole. Toto è uno così: tesse la tela e se si mettesse in testa di diventare Presidente degli Stati Uniti, volete scommettere che… Toto for president.
Perez: 5
Ondivago, scialbo, svagato. E’ come se tutta la sbornia di Montecarlo (in tutti i sensi…), successo, rinnovo del contratto, “dobbiamo parlare” e “per il mondiale ci sono anch’io”, l’avesse ammosciato di brutto. Non è falloso, non sembra il tipo che sente l’ansia da prestazione. Sembra quello che si ammoscia clamorosamente sul più bello. Il sorpasso subito da Russell che gli costa il podio è imperdonabile, da “dorminpiedi”. E, punto nell’orgoglio, reagisce. Paradossalmente con una macchina con gomme alla fine della vita, piazza i migliori tempi e mette alla frusta l’inglese. Per cui la domanda è la seguente, elegante, arzigogolata come solo quelle impegnative che ti richiedono un surplus di pensiero: Sergio, ci sei o ci fai?