Mercedes, migliorare in qualifica danneggia la gara?
E’ come la coperta di Linus. Tiri, tiri e tiri ancora più su per coprire e… fatalmente compare il problema opposto. Che si scoprono i piedi. E se per ovviare poi tenti di ricoprirli, ecco che torni senza rimedio all’inghippo originario e tutto riparte daccapo. Il dilemma di casa Mercedes, più eventuale che reale, è l’effetto-coperta di Linus. Mettere una pezza ad un problema, generandone un altro. Sul piatto, qualifiche e gara. E se, condizionale d’obbligo, migliorare la parte carente facesse peggiorare il punto forte? Pare proprio così, anche in vista di un Gran Premio a cui tengono da morire a Brackley: quello di casa a Silverstone.
Gara o qualifica?
Chi conosce meglio di tutti o quasi la complessità e le carenze della Mercedes W13 è senza ombra di dubbio il Direttore Tecnico Mike Elliott. Ed è lui ad interrogarsi sul dilemma da un milione di dollari. Ma la posizione è chiara: “Penso che sia giusto dire che stai sempre scambiando tra qualifiche e prestazioni in gara”, ha spiegato Elliott. “E se guardi a ciò che è importante, generalmente le prestazioni in gara vincono”, ha chiarito l’ingegnere.
Dibattito aperto
Il dilemma si completa guardando la concorrenza. Elliott, infatti, ha spiegato di aver ben chiaro di essere stato battuto in qualifica da alcune vetture che, però, in seguito hanno dimostrato d’avere un “ritmo di gara più scadente”. Sotto questo aspetto, l’ingegnere aerodinamico britannico ha lodato l’equilibrio tra prestazione in gara e in qualifica della Mercedes, sottolineando come rifletta il reale valore del potenziale della vettura. “Migliorare le prestazioni in qualifica danneggerebbe le prestazioni in gara di conseguenza”, il verdetto finale.
La scommessa
La puntata al Casinò più ardita (benché persa) del passato weekend al Gran Premio del Canada è stata quella di George Russell nel Q3 delle Qualifiche. Il giovane pilota inglese ha scelto di montare le slick con pista ancora leggermente bagnata. Essendo, di fatto, l’unico a rischiare la mossa. Una scelta che non è stata presa dal muretto: “Ad essere onesti, è stata la chiamata di George”, ha continuato Elliott. “Anche se il rischio non ha pagato, è stata comunque una bella cosa da fare, fa ancora parte delle corse automobilistiche e in realtà ci siamo davvero divertiti”, ha chiosato il manager britannico, sposando la linea del rischio scelta dal pupillo di casa Mercedes.