Mercedes, quando guidare una F1 è dolore
E’ risaputo che il problema principale che affligge la Mercedes in questo inizio di stagione è il saltellamento. Il cosiddetto porpoising è causato, tra gli altri aspetti, soprattutto dal fatto che le vetture di nuove concezione sono molto più aderenti al suolo. Per alcune scuderie questo problema è più grave che per altre, ma mai come ora i piloti appaiono tutti sulla stessa barca. E a dare l’allarme sono proprio i due driver di Brackley: Lewis Hamilton e George Russell. Ora prima che sia troppo tardi.
Preoccupazione
Il saltellamento visto sulla Mercedes al Gran Premio d’Azerbaigian appare assolutamente fuori controllo. E se sulle frecce d’argento la situazione è al limite, le altre vetture non sono affatto esenti, anzi. A dare l’allarme è stato George Russell: “Il porpoising è brutale, fatico a capire dove devo frenare alla fine del lungo rettilineo”, ha detto il giovane britannico. “È solo questione di tempo prima di assistere a un grave incidente e temo per un disastro”, ha avvertito senza giri di parole.
Evoluzione o involuzione?
Il giovane pilota della Mercedes ha aggiunto che non crede che si possa andare avanti così per altri tre anni o per quanto si resterà con questo regolamento, visto che la situazione è già troppo pericolosa. Russell ha poi detto che saranno necessari alcuni approfondimenti, perché tutti i piloti sono sulla stessa barca. E la problematica è duplice: di sicurezza e fisica. Il suo compagno di squadra Lewis Hamilton ha rivelato di avere problemi fisici legati all’eccessivo saltellamento.
Dolore fisico
Non è cervellotico pensare che il porpoising causi mal di schiena e dolori vari alla colonna vertebrale. Problematiche che hanno cominciato ad affliggere il sette volte campione del mondo: “La nostra macchina continua a saltare così tanto che sembra di essere dei canguri”, ha detto Hamilton, che ha poi rivelato di soffrire fisicamente. L’impressione è che la Federazione e Liberty Media prima o poi dovranno correre ai ripari, nella speranza che sia prima che poi, vista l’insostenibilità della faccenda.