Quattro temi che ci porteremo in Canada (parte 2)
La schiena di Lewis (e George)
Ah, il maledetto saltellamento. E benedetta schiena di Lewis, resisti, per l’amor di Dio! Senza andare a farsi raccomandare a entità superiori, speriamo che il più terreno numero uno di casa Mercedes, al secolo Toto Wolff, abbia provveduto a far qualcosa. Di Baku ne basta e avanza una all’anno alla martoriata schiena del sette volte campione del mondo. E se pure uno come George Russell, che di primavere e usure varie ne ha certamente meno di Hamilton, si lamenta così marcatamente e così pubblicamente, la faccenda è seria. Se non altro per il fisico dei piloti e anche per i loro risultati, ecco. Le cose vanno di pari passo, essendo matti ipercompetitivi. Ma il fondo del circuito dedicato a Gilles Villeneuve, che da lassù sta guardando compiaciuto di sicuro, potrebbe dare una mano.
Red Bull, basta così?
Come spesso accade, un tema è sempre interconnesso con altri svariati temi. Ma mai come in questo caso, forse. Che fareste se foste la Red Bull? La risposta da Milton Keynes è fin troppo scontata: lavorare, a prescindere. Che potrebbero mai fare di differente un olandese campione del mondo, un messicano laborioso e ambizioso e una scuderia austriaca con sede nel Regno Unito? Guardare la classifica, compiacersi grandemente e continuare a sperare sotto sotto nelle disavventure altrui? Impossibile. E allora è lecito aspettarsi in Canada una Red Bull ancora più competitiva. L’andazzo s’è capito. Magari non sono sempre i più veloci, ma il pacchetto complessivo è il numero uno, al momento. E per pacchetto s’intende velocità di base più affidabilità. E s’è capito pure che la Ferrari ha venduto un po’ l’anima al diavolo dei chilometri orari a scapito dell’affidabilità per cucire il gap. Ma in Red Bull hanno notato da tempo che se per una volta la Ferrari non dovesse rompersi…
Schumacher jr tiene duro
Il piccolo di casa Schumacher vive e lotta insieme a noi, verrebbe da dire. Il punto è conteso, sentimentalmente parlando. Da una parte, è pur sempre il figlio di un icona del circus, il grande Michael, amato e rispettato da tutti, a prescindere dal destino crudele che l’ha accompagnato. Ma dall’altro è un pilota incapace di ottenere punti in trenta Gran Premi – dicasi trenta! – e di essere dannoso in diverse occasioni. E anche l’aplomb altoatesino del suo Team Principal Gunther Steiner è stato messo a durissima prova. Non dev’essere facile per il giovane Mick, che ormai ha la scimmia appoggiata sulla spalla da tempo. Ma nemmeno per Steiner riparare la catasta di vetture incidentate, sigh…
L’ultima di Latifi?
Siamo sinceri, se dovesse accadere ci mancherà un po’ la certezza di vedere cosa combinerà ogni volta questo canadese pasticcione. Perché Nicholas Latifi è un po’ così. Sinonimo di pasticcione che, alla fine, non causa fastidi a nessuno se non a sé stesso e a chi lo fa correre. E, però, se il sant’uomo che lo fa girare in Formula 1 si stufa, poi salta il giochino. Il cadeau è consentirgli il canto del cigno in casa, passaggio se vogliamo anche obbligato da contratti e quant’altro, chissà. Verrà ricordato per essere il grande, involontario artefice del titolo di Max Verstappen ad Abu Dhabi. Per quello ha persino ricevuto minacce di morte, mondo balordo.